STORIA DELLA CHIESA e della Comunità

Nel 1004, il vescovo di Vicenza Liudigerio donò vaste estensioni di terreno situati in Torri di Quartesolo al Monastero benedettino di S.  Pietro in Vicenza.  Nel 1033 il vescovo vicentino Astolfo riconfermò alle monache il feudo di Torri, ivi comprese le proprietà situate nella zona del Palú.

Nel 1066 il vescovo Liudigerio riconfermò anch’esso al Monastero di S. Pietro il feudo di Torri, con altre finitime terre comprese nelle  località di Salguria o Salgarino (scomparse nel tempo e localizzabili tra Settecà ed il Palú) e di Vanzola o Vangola, quest’ultima situata  tra Grumolo e Lerino ed anch’essa zona paludosa, probabilmente il prolungamento del Palú.

Da questi tre atti di investitura, si viene a sapere che anche la primitiva vita religiosa della parrocchia era legata al Monastero di S.  Pietro e quindi alla pieve matrice benedettina di S. Maria di Grumolo. Il silenzio dei documenti fino al XIII secolo fanno ipotizzare che la vita religiosa di Torri sia stata legata esclusivamente ad una cappella  dipendente dalla Pieve di Grumolo e che il sacerdote (presbitero) faceva ancora vita monastica nella Pieve stessa e che le maggiori  cerimonie liturgiche quali: il battesimo, i matrimoni ed i funerali venivano sempre praticati in Grumolo delle Abbadesse.

Tra l’XI ed il XII secolo, durante il trapasso dal «Comitato Vescovile» al Comune, il territorio si era venuto dividendo in comitati minori  laici ed ecclesiastici, i quali, constavano di «castra» (castelli) e di «ville» (massarie, casali, etc.) in cui abitavano gli «arimanni» o uomini  liberi «servi» e «liberti» divisi in varie categorie sociali a seconda dei lavori cui erano adibiti: (aldii, coloni, villani, etc.).

La schiavitù era ancora praticata, anche se nel clima delle libertà comunali vi fu una regolamentazione piú umana dei rapporti di lavoro,  ma tale giogo rimase nel nostro territorio fino ai primi del cinquecento. In questo contesto storico si inserisce quindi anche la vita religiosa primitiva di Torri che lentamente sviluppò una propria autonoma  «cappella» con un proprio sacerdote (presbitero).

Frontespizio della raccolta delle mappe dei beni del Monastero