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LA PARROCCHIA  dei Santi Gervasio e Protasio

“Se non ricordiamo non possiamo comprendere“           Edward Morgan Forster L'attuale chiesa fu ricostruita nel dopoguerra perché la precedente fu bombardata dagli alleati il 24 aprile 1945, nel tentativo di colpire il ponte, rimasto indenne, allo scopo di ritardare la ritirata delle truppe tedesche. Fu resa agibile nel 1949 e non è stata ancora consacrata. STORIA DELLA CHIESA e della Comunità Nel 1004, il vescovo di Vicenza Liudigerio donò vaste estensioni di terreno situati in Torri di Quartesolo al Monastero benedettino di S.  Pietro in Vicenza.  Nel 1033 il vescovo vicentino Astolfo riconfermò alle monache il feudo di Torri, ivi comprese le proprietà situate nella zona del Palú. Nel 1066 il vescovo Liudigerio riconfermò anch'esso al Monastero di S. Pietro il feudo di Torri, con altre finitime terre comprese nelle  località di Salguria o Salgarino (scomparse nel tempo e localizzabili tra Settecà ed il Palú) e di Vanzola o Vangola, quest'ultima situata  tra Grumolo e Lerino ed anch'essa zona paludosa, probabilmente il prolungamento del Palú. Da questi tre atti di investitura, si viene a sapere che anche la primitiva vita religiosa della parrocchia era legata al Monastero di S.  Pietro e quindi alla pieve matrice benedettina di S. Maria di Grumolo. Il silenzio dei documenti fino al XIII secolo fanno ipotizzare che la vita religiosa di Torri sia stata legata esclusivamente ad una cappella  dipendente dalla Pieve di Grumolo e che il sacerdote (presbitero) faceva ancora vita monastica nella Pieve stessa e che le maggiori  cerimonie liturgiche quali: il battesimo, i matrimoni ed i funerali venivano sempre praticati in Grumolo delle Abbadesse. Tra l'XI ed il XII secolo, durante il trapasso dal «Comitato Vescovile» al Comune, il territorio si era venuto dividendo in comitati minori  laici ed ecclesiastici, i quali, constavano di «castra» (castelli) e di «ville» (massarie, casali, etc.) in cui abitavano gli «arimanni» o uomini  liberi «servi» e «liberti» divisi in varie categorie sociali a seconda dei lavori cui erano adibiti: (aldii, coloni, villani, etc.). La schiavitú era ancora praticata, anche se nel clima delle libertà comunali vi fu una regolamentazione piú umana dei rapporti di lavoro,  ma tale giogo rimase nel nostro territorio fino ai primi del cinquecento. In questo contesto storico si inserisce quindi anche la vita religiosa primitiva di Torri che lentamente sviluppò una propria autonoma  «cappella» con un proprio sacerdote (presbitero). LA PARROCCHIALE IN LOCALITÀ CHIESAVECCHIA Nel 1803 il Maccà cosí la descrive:   « La chiesa parrocchiale delle torri del Quartesolo è situata poco tratto fuori della strada publica, ed è dedicata ai Santi Gervasio e  Protasio. Ha tre altari. La tavola dell'altar maggiore sembra opera dei Montagna, ma è stata ritoccata da altra mano, e rovinata ». Nel 1820 la chiesa aveva quattro altari dedicati ai SS. Gervasio e Protasio, al S. Rosario, a S.Agostino e l'ultimo allo Spirito Santo.  Il vescovo Giuseppe Maria Peruzzi dopo aver eseguito la visita pastorale emise un decreto dispositivo al Parroco, affinché venissero  costruiti due baldacchini a protezione degli altari perché alla chiesa mancava il soffitto. Poiché di questa chiesa primitiva ben poco si sapeva della struttura e dell'esatta collocazione, sabato 2 agosto 1980 abbiamo diretto,  con la collaborazione dell'impresa Lino Pellizzari, una campagna di scavo accelerato sul terreno, ove si presupponeva esistesse la  chiesa, per cercare di individuarne l'esatta collocazione. Sin dai primi scavi sono subito emerse le fondamenta, della larghezza variante da m.0,85 a m.1,05, per una profondità di m.0,50. Proseguendo si è dissepolto per 2/3 la perimetrazione e cosí si è avuto conferma che la chiesa misurava circa m.6x22 (la larghezza  delle fondamenta della parte frontale sono di m.6,85 ). Essa aveva al lato sinistro della facciata un piccolo campanile la cui base misurava m.3x3. Alla base delle pareti interne, nella parte  finale, si sono trovate ossa umane in presenza di mattoni: questo conferma che nel sito venivano inumate le salme di famiglie  benestanti. Nella parte finale, corrispondente pressappoco alla collocazione dell'altare maggiore, sulla sinistra, sono emerse molte ossa con alcuni  teschi, da cui si desume che lí vi fosse la tomba dei sacerdoti defunti. A circa 8m. dalla parte finale venendo verso l'ingresso, le  fondamenta per 2m. non esistevano, poi sono ricomparse piú ampie e piú profonde, questo conferma che nel tempo la chiesa è stata  ampliata a seconda delle esigenze di contenimento dei fedeli. Si suppone che la cappella esistente intorno al XII o XIII secolo avesse le dimensioni di m.6x8. Dallo scavo si è potuto constatare che la  chiesa era costruita in mattoni; che pure in mattoni lisci e colorati di nero era il pavimento e che la quasi totalità del materiale recuperato nel 1857 fu usato per altre costruzioni. L'ORATORIO DI SAN FRANCESCO Fu fondato il 6 agosto 1477 per disposizione del conte Giovanni Francesco da Porto con provvedimento di celebrazione di dodici messe annue al Mansionario. Nel suo testamento datato 29 luglio 1483 Alvise q.Simone da Porto lasciò una somma a favore "capelle a Turribus Quartixoli noviter per  nobiles de Porthis constructe".  Tale atto ci conferma che l'oratorio in tale data era già costruito. Lo si trova nominato nel 1584 quando il vescovo Michele Priuli lo vide durante la propria visita pastorale." Nella visita pastorale del vescovo Giuseppe Maria Peruzzi nel 1820 l'Oratorio aveva due altari dedicati a San Francesco d'Assisi e a  San Carlo Borromeo. Il Vescovo in tale occasione emise un decreto dispositivo affinché fossero costruiti due baldacchini per proteggere gli altari perché l'oratorio era privo del coperto. Esso fu donato nel 1868 dai conti Gíuseppe ed Ottavíano da Porto al Comune affinché assumesse la funzione di chiesa parrocchiale:  cosa che peraltro già avveniva dal 1857 dato che la vera chiesa parrocchiale (Chiesavecchia), era non solo fatiscente, ma anche  pericolante. II Cappellano (Mansionario) aveva l'obbligo di celebrare 12 messe annuali ed ogni qualvolta i conti Porto lo desiderassero. Quest'ultimi avevano lasciato in beneficio all'oratorio un campo situato dietro l'oratorio stesso la cui rendita spettava al mansionario. II Maccà nel 1803 cosí lo descrive:   "S. Francesco... di casa Porto contigua al suo palazzo, e situata sulla strada pubblica che conduce a Padova, poco distante dalla  parrocchiale." ABBATTIMENTO DELL'ORATORIO ED AMPLIAMENTO Essendo l'oratorio troppo piccolo per assolvere la funzione di chiesa parrocchiale fu abbattuto nel 1870, tenendo salva l'abside con il  trittico e fu ampliato ed ingrandito con lo stesso stile del precedente. Molti ancora si ricordano la vecchia chiesa che aveva la facciata vicinissima alla strada ed il campanile era unito alla stessa. Il suo stile,  viste le norme testamentarie doveva senz'altro essere, simile a quello dell'oratorio di Casa Porto. Il vescovo di Vicenza, Antonio Feruglio, decretò lo spostamento della parrocchiale con propria bolla datata 31 ottobre 1898. In precedenza nel 1869 anche il vescovo Giovanni Antonio Farina ne aveva decretato lo spostamento con la possibilità di ampliare la  chiesa e, nel decreto, risanciva il diritto al Comune della nomina del cappellano. Nel 1893 venne abbellita con decorazioni e quadri. Sul soffitto fu dipinta una copia della Madonna del Giambattista Tiepolo della Civica  Pinacoteca di Vicenza. Il dipinto di notevole ampliezza era opera di Ascanio Chiericati pittore dell'ottocento vicentino.  Il Marini, nel suo manoscritto, cosí lo descrive: « Ma in realtà la Madonna di Chiericati era tutt'altro che un plagio. Era la degna e  vibrante interpretazione d'un capolavoro dovuto ad un pennello vivo e personale, che sapeva ricreare maestà e sacra grandezza: lo  testimoniava la figura alta e matronale della Vergine, negli ampi cieli percorsi da nubi, che il grande settecentista gli aveva suggerito.  Ora il pittore vicentino pur conservando in quell'affresco gli azzurri e gli argenti dell'altissimo modello, aveva saputo accostarsi ai bruni e ai viola di uno spirito piú ottocentesco e piú suo, creando cosí un'immagine piú rispondente al proprio sentire e insieme un'autonoma  opera d'arte ». La chiesa, progettata dal prof. Antonio Dall'Amico, aveva l'impronta di una cappella dell'ultimo quattrocento ma di uno stile arcaico, di  un gotico di stampo veneziano. Dal verbale della visita pastorale del 5 settembre 1904, appare che il « quinto altare » portava un dipinto rappresentante la deposizione dalla Croce. I PRIMI DOCUMENTI RIVELATORI DELLA CHIESA La chiesa dedicata ai SS. Gervasio e Protasio si trova citata in un documento del 20 ottobre 1256 e in un altro del 1297 come Cappella  (Ecclesia) alle dipendenze della Pieve di S. Maria di Grumolo (delle Abbadesse); cosí nominata perché di proprietà delle suore  benedettine del monastero di S. Pietro di Vicenza. Dette suore ebbero in donazione i beni, legati alla Pieve ed alle cappelle, dal  Vescovo Liudigerio verso la metà del secolo XI.  La cappella di Torri era legata alla Pieve di Grumolo con quelle di S. Maria di Marola, S. Zenone di Resega, S. Michele di Sarmego, S.  Michele di Grantortino e le chiese di Ortígedo (antico nome di Settecà usato anche come Quartesolum de Ortigedo), Vancimuglio e S.  Martino di Lerino. Il Mantese ritiene la chiesa di Torri anteriore al mille, ma dimostrazioni pratiche che ciò sia vero non ve ne sono ed il lettore la può  ritenere solo un'ipotesi. Che la cappella di Torri appartenesse alla Pieve di S. Maria di Grumolo è confermato anche da un documento datato 1 luglio 1277 nel  quale, sotto il potere del podestà di Vicenza Pagano Paradiso, vennero fissati in modo dettagliato i confini delle «colture pievane rurali»  della città. La coltura alla quale faceva parte Torri era quella di S. Pietro detta anche di Camisano. I confini erano segnati dal fiumicello Tribolo che passando vicino allo «Hospitale de Lisiera» (l'attuale Ospedaletto) attraversava Bertesina e finiva nel «flumen Lisiere sive Tesine parum de subtus viam de Marola». Di qui, seguendo il Tesina, i confini della coltura arrivavano «ad stratam veterem que dicitur plovega»  ovvero la strada Statale n.11, Vicenza-Padova. Scendevano quindi detta strada fino all'imbocco di una certa via che conduceva a  «Castelletum» ed a «Septinum» (una contrada situata poco al di sotto di S.Pietro Intrigogna attraversata dalla strada «Pelosa»), Riviera tra Costozza e Longare. In tale periodo era già eretta la parrocchia di Torri (Quartixolum de subtus da distinguersi da Quartixolum de Ortezedo et de «septem  casis» o «cum septem casis», l'attuale Settecà). IL BOMBARDAMENTO DELLA CHIESA Il 24 aprile quando i tedeschi sconfitti iniziarono la ritirata gli alleati tentarono di ostacolarla. A Torri, lo stesso giorno, aerei alleati tentarono di bombardare il ponte sul Tesina e due bombe caddero sulla chiesa parrocchiale: una  scoppiò sventrando la parte orientale del tetto, danneggiando la canonica e ferendo in modo non grave la sorella del cappellano, don  Antonio Cestaro, l'altra penetrò e demolì la base dell'altare della Madonna senza .esplodere (quello che si trovava a sinistra entrando  dalla porta maggiore). Il bombardamento ebbe a causare anche una grave ferita ad una donna di Torri, Cristofori Savina in Montagna,  che rimase invalida e la morte di una studentessa di Vicenza che stava passando nelle vicinanze del ponte. Il Marigo ci ha precisato l'avvenimento raccontando il seguente aneddoto: «Il 25 aprile arrivarono gli alleati a Torri. I primi furono americani su una jeep, dalla quale scese un aviatore che entrò in canonica alla  ricerca del parroco. Egli dichiarò di essere il pilota che aveva invano bombardato il ponte e si era accorto che le bombe sganciate erano finite sulla chiesa. Si scusò del fatto davanti ai presenti per quanto aveva causato. Spiegò anche, che tornato all'aereoporto aveva ricevuto l'ordine di ricaricare l'aereo di bombe e di ritornare sull'obiettivo per cercare di  colpirlo, per fortuna alcuni minuti prima di ripartire arrivò un contrordine e l'operazione fu annullata ». L'ATTUALE CHIESA L'attuale chiesa, costruita con il concorso della mano d'opera dei fedeli quartesolani, si preferì costruirla piú staccata dalla strada per  creare una piccola piazza, necessaria sia allora e oggi piú che mai, alla sicurezza dei fedeli che uscendo dalla porta trovano subito  l'impatto con una notevole mole di traffico. L'attuale chiesa fu progettata dall'ing. Adelchi Zuccato e venne a costare L. 7.202.114. I lavori eseguiti dall'impresa Forestan Giovanni  risultavano già ultimati, al grezzo, alla data del 20 agosto 1947. Nel 1957, nella festa del Rosario, definitivamente ultimata, fu inaugurata dal Vescovo ivi compresa la facciata con le quattro statue  rappresentanti: La S. Vergine, S. Maria Goretti, S. Giuseppe lavoratore e S. Domenico Savio, opere dello scultore Egisto Caldana. La chiesa a navata unica ha nel coro la pala policroma marmorea datata 1482 rimossa anch'essa dal vecchio oratorio. L'autore  possibile potrebbe essere Francesco figlio di Nicolò da Cornedo, noto lapicida vicentino del sec. XV, rappresenta la Madonna con il  bambino tra i santi Francesco (a sinistra) e Girolamo. Il trittico, come si è detto, costruito in pietra tenera « vicentina » ha predella e cornice e termina con una lunetta circondata da un  mutilato girale a giorno. Nella lunetta si alza a mezzo busto il Padre Eterno con la destra benedicente tra due coppie di cherubini in canto. Tutto sommato è una bella opera tardo gotica, espressione della scultura vicentina. Il presbiterio ed il coro di recente fattura sono stati realizzati in pietra bianca di S. Gottardo, salvo la pavimentazione marmorea, su  progetto degli architetti Diego Guerreschi e Jan Peter Demetz di Bolzano datato 20 marzo1977.  Esso è articolato in cinque livelli con quattro gradini per accedervi, con una forma aggettante, verso l'area dei fedeli per creare il legame pastorale suggerito dai dettami del Concilio Vaticano II. La forma dell'altare, posto al centro del presbiterio, ricorda le mense del sacrificio dell'antico testamento, il pane ed i pesci  rappresentanti l'Eucaristia e quindi il Cristo. Due amboni sono posti lateralmente sugli scalini che portano all'altare ed anch'essi di pietra bianca di S. Gottardo con scolpite le  colombe che fioriscono dalla pietra e volano verso l'alto simboleggianti la parola di Dio nel mondo. Ai lati dell'altare vi sono i seggi presidenziali costruiti con lo stesso materiale e lavorati a punta; danno un senso di grezzo, ma allo  stesso tempo di realismo primordiale della comunità ecclesiale.  Tra il presbiterio ed il coro, spostato sulla destra, da chi guarda, vi è il tabernacolo, posto su una colonna cilindrica di pietra, costruito in metallo lavorato e colorato con i simboli del pane e del pesce. Tale posizione del tabernacolo è stata studiata affinché non impedisse ai fedeli la vista del trittico posto nel coro, che ora campeggiando su uno sfondo bianco viene a dare la sua più bella dimostrazione di un tardo gotico tra i più interessanti della provincia di Vicenza. Dopo l'ingresso principale, sulla destra in una cappella, si trova un'ancona con un prezioso ciborio trasportato dall'antica chiesa, che ne doveva essere senz'altro l'altare maggiore. Tale importante monumento, che possiamo definire della « Pietà », con al centro il  tabernacolo, fu costruito molto probabilmente anch'esso da Francesco figlio di Nicolò da Cornedo, per lascito testamentario del parroco Francesco de' Franceschi datato 30 ottobre 1475. Nella porticina metallica del tabernacolo vi è una scritta ricavata forando la stessa, tale iscrizione ne dà la datazione di costruzione:  1488. L'ancona della « Pietà », come si è detto, apparteneva senz'altro all'altare maggiore dell'antica parrocchiale e lo dimostra l'esistenza del ciborio, scolpito nel campo inferiore in una elegante edicola a tempietto con colonnine ed architrave. Due paffuti angioli portacandelabro fiancheggiano la porticina del ciborio. Sull'architrave si alzano i bordi di un simbolico sepolcro e dallo stesso erge a mezzo busto, la  dolente figura del Cristo martoriato. Alla destra e alla sinistra del Cristo, verso l'alto, si sporgono due nuvolette quasi a stendere un velo dietro il busto del « divino » e altri due piccoli angeli. L'immagine del Cristo appare: triste, dolente, umana e sovrumana allo stesso  tempo, Egli piega la testa ed abbassa gli angoli della bocca amara; è senz'altro la parte piú bella di tutta l'ancona. Di squisita fattura e di abbondanza di immagini è la decorazione, ricca di particolari plastici: candelabri, girali, frutti, fogliami, nastri,  scudi, stemmi, vasi; particolari quest'ultimi, che sono la caratteristica delle opere scultoree del « quattrocento » settentrionale. La bellezza del monumento si ammira perché è rimasto inalterato nel tempo e rivela al di sopra del tabernacolo (ciborio) nel mezzo  dell'architrave, su cui s'imposta la lunetta, l'antico stemma del Comune di Torri: una torre d'oro merlata in campo blu e rosso. Subito dopo l'ingresso laterale destro vi è una cappella con l'altare della Madonna, dove campeggia una marmorea Madonna col  Bambino e S. Giovannino di ottima fattura settecentesca, proveniente dall'oratorio della Beata Vergine situato un tempo in località  Chiesetta. Nella chiesa, prima del rifacimento del 1946, esistevano tre grosse pale appoggiate sull'altare che purtroppo sono andate perdute. Di  tali tele si sa solo: che una è stata descritta dal Maccà ed è stato anche individuato il pittore e delle altre nulla." Della precedente chiesa anche due altari non sono piú stati rimontati. Uno dove vi era la statua della Madonna e l'altro un po' piú  piccolo, elegantissimo e costruito in marmi preziosi, che nel 1950 fu dato al vescovo di Vicenza, tramite vive sollecitazioni di mons.  Bruno Barbieri. Oggi è l'altare della cappella privata del Vescovo. IL CAMPANILE L'attuale campanile, salvo qualche restauro dovuto ai danneggiamenti dell'ultima guerra mondiale, è quello edificato nel 1879. Esso era unito al corpo della vecchia chiesa, costruiin mattoni, come peraltro la stessa, e simile nello stile come appare dalle cornici in terracotta. L'architetto che lo progettò e ne diresse i lavori fu l'ing. Dalla Vecchia di Vicenza.cella campanaria, posta entro le quattro arcate gotiche in mattone scoperto, incorniciate da bifore in pietra “vicentina” con l'occhio a quadrifoglio che le sormonta di stile quattrocentesco. Si ha memoria di un primo concerto di campane avvenuto nel 1888 (tre bronzi per un peso di quintali 25) un secondo memorabile il 19 marzo 1925 con le attuali campane del peso di q.li 30,35. Quest'ultimo concerto seì alla consacrazione delle stesse, avvenuta sul piazzale antistante la Chiesa, da parte del vescovo Ferdinando Rodolfi alla presenza del parroco, don Bortolo Plichero, del M.R. don Pietro Pivato parroco e Vicario Foraneo di Lerino, dei sacerdoti don Antonio e Gaetano Trevisan, del sindaco Rigon Antonio e dei padrini delle campane Piccolo Pietro, Perin GioBattista e Rigon Domenico. La campana maggiore, del peso di quintali 13,71, è dedicata ai Santi Domenico ed Antoe porta impresse nella fusione le immagini del Crocefisso, del Sacro Cuore di Gesù, della Beata Vergine Assunta, di S. Domenico, di S. Antonio e di S. Michele Arcangelo. Inoltre, sempre impresse, porta le seguenti scritte: REGINA ANGELORUM ET SANCTORUM OMNIUM, ORA PRO NOBIS ECCE CRUCEM DOMINI, FUGITE PARTES ADVERSAE IN TE, DOMINE, SPERAVI, NON CONFUNDAR IN AETERNUM La seconda (mezzana), del peso di q.li 9,79, è dedicata ai Santi Pietro Apostolo e Francesco d'Assisi, con le immagini del Crocefisso, dell'Immacolata Concezione, di S. Giovanni Battista, di S. Bartolomeo Apostolo, di San Rocco e di S. Maria Maddalena. Essa ha le scritte: VOX DOMINI IN VIRTUTE, VOX DOMINI IN MAGNIFICENTIA REGINA SINE LABE ORIGINALI  CONCEPTA, ORA PRO NOBIS A FULGORE ET TEMPESTATE LIBERA NOS, DOMINE La piccola, del peso di q.li 6,85, è dedicata ai Santi Bartolomeo e Giovanni Battista, ha impresse le immagini del Crocifisso, della Beata Vergine del Rosario, di S. Giuseppe, di S. Pietro, di S. Paolo e di S. Francesco con le iscrizioni: SACRATISSIMI ROSARII, ORA PRO NOBIS SOLI BEO HONOR ET GLORIA EX AUDI, DOMINE VOCEM POPULI TUI ET LIBERA EUM AB OMNI MALO Della giornata in cui le campane furono issate sul campanile riportiamo una memoria del prof. Remigio Marini. « Ci rivediamo seienni insieme con un nocompagno più grande sulla strada che da Lerino conduce a Torri. Si veniva dalla scuola; avevamo avuto una concessione speciale dal maestro: a Torri si facevano salire sul campanile le nuove campane... A Torri arrivammo tardi. I due bronzi maggiori erano già in cae si stava issando appunto quella cambebé da sei quintali, tremenda schiacciatrice di carrette. Grosse corde con carrucole multiple eran tese dalla cella allo zoccolo dell'alto edificio. E la campana saliva lenta e nel suo innaturale mutismo quasi imperiosa, mentre un corrimano dal campanile alla piazza faceva passar rapida la grossa gomena issatrice. Densa folla attorno alla chiesa e nella piaze commenti animati ed entusiasmo. Uomini si penzolavano in alto dalle bifore, una voce potente lanciava ordini che sembravan schioccate di frusta; altri uomini al capo d'una corda minore legata agli orecchi della campana erano occupati a tenerla staccata nell'ascesa, dai cornicioni e dalle alte pareti della sua nuova dimora. » Nel 1962 fu acquistato e posto a dimora l'orologio. ESTATE 2009 La Parrocchia realizza  A PROPRIA CURA E SPESE  LA PAVIMENTAZIONE DEL PIAZZALE prospicente la chiesa e il Centro Giovanile.   La pavimentazione precedente risaliva agli anni sessanta e con questa realizzazione si otterrà l'omogeneità di tutto piazzale. La concezione cromatica scelta metterà in evidenza con il Grigio le zone dedicate alla sosta delle auto e con il Rosso le zone di servizio alle strutture parrocchiali. Questa opera che  costituisce un importante impegno per la Parrocchia. Non è il completamento di altri progetti non parrocchiali ma è il perfezionamento e l'armonizzazione dell'intervento iniziato con la costruzione del Centro Giovanile sul terreno in precedenza acquistato. alle origini della Sagra... Nel libro dei Massari della  Confraternita del Rosario, conservato nell'Archivio di Stato di Vicenza, si trova che il 18 marzo 1763 si parla di « solennità » che veniva celebrata a Torri nella Festa del Rosario; infatti il 2 ottobre dello stesso anno furono spesi 27 troni per li « sbari » per la festa del Rosario. .
PARROCCHIA DI TORRI LE NOTIZIE STORICHE riportate in questa sezione, sono estratte, per gentile concessione dell'Autore, dal libro TORRI DI QUARTESOLO E IL SUO TERRITORIO di Augusto Ferrari e Sandro Mazzarol